Come si riconoscono i vitigni? E riuscire a farlo è davvero un buon modo per assicurarsi di portare sempre a tavola il vino più adatto ai propri menu? Di seguito proveremo a rispondere a queste e altre simili domande. Non prima, però, di una precisazione: l’ampelografia, la scienza che studia appunto le varietà di viti coltivate nei diversi territori e le loro caratteristiche, è materia piuttosto tecnica e da addetti ai lavori, imparala richiede tempo e dedizione e non basta certo essere in grado di riconoscere un Syrah da uno Zibibbo per potersi dire esperti di vitigni, né del resto la varietà d’uva utilizzata è l’unico tratto da considerare prima di scegliere un vino.

Vitigni: perché conoscerli per leggere meglio l’etichetta del vino

Per distinguere un vitigno dall’altro, comunque, bisognerebbe guardare innanzitutto ad alcune caratteristiche fondamentali della pianta quali forme e dimensioni delle foglie, composizione del grappolo e dimensioni, forma e soprattutto colore degli acini (una delle macro-distinzioni nel mondo dei vitigni, infatti, è quella tra le varietà di uva bianca, rossa, grigia o rosa). Alcune espressioni, come vitigni autoctoni o vitigni locali, sono diventate piuttosto popolari, poi, negli ultimi anni, per via di un maggiore interesse dei più verso l’enologia e, soprattutto, di una maggiore attenzione nei confronti di tutto ciò che si mette in tavola: il nodo centrale della questione è in questo caso il legame che esiste tra una varietà di uva – e il vino da essa prodotto, di conseguenza – e un determinato territorio, così che certi vitigni, come la Falanghina o il Nero d’Avola solo per fare due esempi, hanno finito per rappresentare tout court e agli occhi anche dei non intenditori la produzione vitivinicola di una determinata zona.

Se chi compra una Falanghina crede di sapere per certo di portare in tavola un vino campano e chi regala un Nero d’Avola è convinto di omaggiare il destinatario con una bottiglia che parla di Sicilia, però, c’è qualcosa a cui fare attenzione? Naturalmente, sì, ed è innanzitutto il fatto che molti vitigni nel tempo sono stati esportati, fino a rendere di fatto confusa l’indicazione geografica. Se si tiene particolarmente, così, a versare nei bicchieri dei propri commensali un vino veneto o un vino toscano meglio andare a controllare direttamente sull’etichetta dov’è prodotto e con uve provenienti da che territori o, se si è alle prime armi, affidarsi almeno alla disposizione per regioni sugli scaffali dell’enoteca o del supermercato. Già da questo dovrebbe essere semplice capire che, no, il vitigno non è l’unico criterio sulla base del quale scegliere il vino da portata. Tanto più che la maggior parte dei vini che si trovano comunemente in commercio, anche se sono venduti sotto l’etichetta di Merlot o di Traminer, hanno in realtà una percentuale consistente di quella varietà d’uva ma non è escluso che siano realizzati con l’aggiunta anche di altre varietà (per esaltare le note aromatiche, dare una texture diversa, ovviare alla rarezza di un vitigno o abbassare il prezzo alla bottiglia). Se non si è esperti della materia, così, ma non si vuole rinunciare all’abbinamento azzeccato, meglio leggere sull’etichetta altre caratteristiche del vino come il sentore aromatico, pietanze e portate consigliate, gradazione ovviamente, eccetera.

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